I tagli al ministero impediscono di pagare i privati cittadini nei cui terreni è stato rinvenuto un bene di interesse archeologico: con una circolare si sono fermate tutte le concessioni «in area privata». È la fine della ricerca nel nostro Paese?
NADIA FERRIGO da www.lastampa.it
Tempi di spending review, e trovare un tesoro è diventato un lusso che le martoriate casse del ministero dei Beni culturali non si possono più permettere. In estrema sintesi: non si scava più. Se nulla cambia, gli archeologi italiani faranno bene a rassegnarsi ad appendere la pala al chiodo. Secondo la legge, i beni di interesse archeologico, da chiunque o in qualunque modo scoperti, sono di proprietà dello Stato. E fin qui tutto bene. Il problema sta tutto nel cosiddetto «Premio di rinvenimento».
Se il terreno dove si scava è di proprietà di un privato, oltre a un indennizzo per l’occupazione del suolo previsto per tutto il periodo degli scavi, al proprietario del fondo spetta anche un quarto del valore dei beni scoperti.
Meglio prevenire che curare, recita il vecchio adagio. Così il ministero dei Beni culturali con una circolare del 4 dicembre scorso indirizzata alle soprintendenze ha stabilito che a causa «dei crescenti costi per la corresponsione di premi di rinvenimento ai privati proprietari, non saranno più date concessioni per interventi in terreni privati, salvo particolari e motivate esigenze».
Gli scavi archeologici in regime di concessione sono più di 400, equamente distribuiti lungo tutta la Penisola. Dal Veneto alla Puglia, in questi giorni iniziano ad arrivare le prime lettere delle soprintendenze incaricate di rispedire al mittente tutte le richieste di scavi archeologici su terreni privati. La formula è sempre la stessa: «Parere negativo alla richiesta di concessione per il 2012», perché «l’area delle ricerche è in proprietà privata».
«In molti casi si tratta di un falso problema, perché la grande maggioranza dei privati mette a disposizione il terreno a titolo gratuito e rinuncia preventivamente alla parte che gli spetterebbe nel caso di una scoperta di valore», commenta Enrico Zanini, professore ordinario di Archeologia dell’Università di Siena – senza contare che sono considerate come “privati” anche le fondazioni». Un bel paradosso.